mercoledì 20 febbraio 2013
E Letta brinda al suo pupillo (Repubblica del 20 febbraio 2013)
di GOFFREDO DE MARCHIS
HA FINALMENTE rag-
giunto il sospirato posto
al sole e lo ha fatto contro
ogni pronostico. Anche i suoi
mille amici dovranno prender-
lo sul serio, smettendo di consi-
derarlo un Peter Pan, un eterno
fanciullo attempato, simpatico
sì, perfetto per organizzare feste
e cene, inappuntabile padrone.
LÌ DOVE la sua spettacolare
villa sulle dune è a disposi-
zione degli intimi (che non
sono pochi) con barca e domesti-
ci inclusi. Da ieri Giovanni Ma-
lagò, neopresidente del Coni, è un
po’ meno “Giovannino”, un po’
meno “Megalò” come l’aveva ri-
battezzato affettuosamente Suni
Agnelli, per via della guasconaggi-
ne, della personalità ridondante.
È al centro dello sport italiano, un
luogo di potere certo ridimensio-
nato dalla crisi economica, ma
sempre cruciale nell’intreccio
molto romano tra politica, affari,
potere e soldi.
Il suo grande merito, magari
ispirato dalla tendenza, in questo
caso provvidenziale, alla megalo-
mania, è stato averci creduto, pra-
ticamente da solo, perché la vitto-
ria del suo avversario Raffaele Pa-
gnozzi veniva data per scontata, in
virtù della staffetta tra ex presi-
dente e segretario generale del Co-
ni che è la cifra della gestione spor-
tiva in Italia. Ha vinto il rottamato-
re allora? Tutto il contrario. Ma-
lagò, nella sua rete relazionale,
non lascia per strada nessuno. È
amico di Walter Veltroni e di Gian-
ni Alemanno, di Corrado Passera e
di Luigi Abete, di Pino Daniele, di
Fiorello e di Francesco Totti (è ro-
manista sfegatato). Spesso mette
insieme questi personaggi così di-
versi nel circolo che presiede, l’A-
niene, o nel suo appartamento ro-
mano. È un figlio purissimo del ge-
nerone romano, quella categoria
celebrata nei film dei Vanzina (al-
tri suoi grandissimi amici, più En-
rico di Carlo) che rappresenta i ro-
mani ricchi o ricchissimi, dove il
capitalismo all’amatriciana tra-
sforma il concessionario d’auto
(seppure di lusso) come è lui, in
imprenditore. Ma nella sua vita
Malagò ha avuto soprattutto tre
pigmalioni, tre grandi maestri.
Il primo è Gianni Agnelli, dal
quale, negli anni giovanili, ha vo-
luto mutuare soprattutto l’aspet-
to glamour: l’amore per il lusso e le
belle donne, dalle quali è sempre
circondato. L’Avvocato lo aveva
preso in simpatia, lo onorava con
le sue telefonate mattiniere, gli
chiedeva informazioni sul gossip
romano sapendo che “Giovanni-
no” non si perdeva una serata.
L’altro faro è, ancora oggi, Luca di
Montezemolo, da cui ha imparato
che non esistono destra, sinistra o
centro, esiste invece una lobby
trasversale in cui i rapporti diven-
tano subito amicizia, legame
profondo. L’ultimo maestro è
Gianni Letta, che gli ha insegnato
come ci si muove e come si gesti-
sce il potere, un’arte che l’ex sotto-
segretario conosce come nessun
altro. Letta, insieme con Mario Pe-
scante, è stato il tessitore della sua
vittoria, lo ha aiutato a portare dal-
la sua parte 40 voti partendo da
una base molto più risicata. E Let-
ta ieri era al Coni per festeggiare di
persona l’ascesa del suo poulin.
Ma al di là degli “sponsor” e dei
grandi elettori, Malagò ha avuto il
coraggio e la forza di spezzare un
circolo “vizioso” che troppe volte
ha deciso le sorti del Coni e che
molti presidenti federali, eviden-
temente, non digerivano più.
La sua è una vita fortunata che
Malagò non fa nulla per nascon-
dere. Bello, benestante, sicuro di
sé, estroverso. L’elenco delle sue
amiche (o flirt?) fa impressione:
Monica Bellucci, Ilaria D’Amico,
Claudia Gerini, Alessia Marcuzzi.
Difficile trovarne una meno che
bellissima. Le auto di lusso sono
quelle della sua concessionaria e
quando, giovanissimo, davanti a
una discoteca, anciò con noncha-
lance le chiavi della sportiva a un
posteggiatore che invece era un
ladruncolo, fece spallucce. Il gior-
no dopo aveva una nuova coupè.
Ha diretto l’organizzazione dei
mondiali di nuoto del 2009, sof-
frendo per un’incriminazione le-
gata ad alcune nuove piscine e fi-
nita con un proscioglimento. Il co-
mitato però chiuse l’attività con
svariati milioni di buco. Cinque
anni fa ha sfidato lo spirito di De
Coubertin mettendo in vasca per
l’Aniene, durante un torneo ama-
toriale tra circoli romani, l’ex cam-
pione olimpico Fioravanti contro
Ugo Sansonetti, ottantottenne so-
cio del club avversario, lo Sporting
Eur. Su 66 metri, il distacco fu di un
minuto. Neanche tanto.
Alle federazioni sportive ha
presentato un programma ambi-
zioso. Cambiare, nnovare: apren-
do ai finanziamenti dei privati, ri-
dimensionando il ruolo del calcio,
creando una struttura dello sport
scolastico simile a quella anglo-
sassone. Ha convinto i suoi eletto-
ri che queste promesse potranno
essere mantenute. Che non è più
“Giovannino” ma un manager in
grado di guarire lo sport.
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