giovedì 11 aprile 2013

La differenza tra la trasparenza predicata e quella praticata

sul Piccolo di Trieste, il mattino di Padova, la Gazzetta di Mantova e altri giornali della Finegil/Gruppo Espresso
del 12 aprile 2013


di CLAUDIO GIUA

Tra il 10 e l'11 aprile la parola "trasparenza" viene usata in dodici articoli e commenti di Repubblica e in sette casi è collegata all'attività del Movimento 5 Stelle. Sul Corriere della Sera, dei cinque pezzi dove compare la stessa parola, uno parla dei grillini, gli altri di lampade, banche eccetera. Sul Piccolo di Trieste il rapporto è due su nove. Tanto. E' che la "trasparenza" è ormai il grimaldello o addirittura il piede di porco con cui scardinare il portone blindato delle stanze dei poteri, a ogni livello. Così come lo furono in passato parole come "partecipazione" (tanto in voga che, nel 1974, fu chiesto agli allora maturandi di spiegarne l'essenza), "autonomia" (dalla socialista all'operaia, fino a quella padana di Bossi), "rigore" (che ha una lunga vita, prima di stenti con La Malfa, poi rinvigorita da economisti e politici stimati, Amato, Ciampi, Prodi, Monti).

Con "trasparenza" viene riassunto il concetto di "casa di vetro". M'è toccato cercare negli archivi della memoria e del web per risalire a chi usò per primo questa metafora. Fu Plutarco, filosofo e storico vissuto in Grecia tra il primo e il secondo secolo dopo Cristo, cittadino romano e autore delle celeberrime "Vite parallele": raccontando del tribuno della plebe Livio Druso, scrisse che "a un artigiano che gli proponeva per soli cinque talenti di orientare in maniera diversa le aperture esterne della sua casa, attraverso le quali il vicinato vedeva quanto accadeva all'interno" rispose "ti darò dieci talenti se renderai la mia casa tutta trasparente in modo che i cittadini possano vedere in che modo vivo".

Nel nostro paese le case di vetro sono poche. Così, su due piedi, non ne saprei indicare una. Non il Parlamento, la Chiesa, le associazioni, la Rai, le aziende pubbliche e private e neppure le banche, le università, i comuni con 26 abitanti, che non hanno pareti trasparenti o almeno le aperture che l'artigiano di Livio Druso avrebbe murato per cinque talenti. Le nostre istituzioni e organizzazioni sono esempi di trasparenza negata, sembrano esser state disegnate da architetti di labirinti al fine di creare lunghi tortuosi percorsi disseminati di misteri irrisolvibili. Dunque hanno ragione Grillo e i grillini - ma non sono i soli - quando reclamano la massima trasparenza delle istituzioni. Per dirla meglio: hanno ragione quanti, dando il voto a Grillo e ai grillini, si sono dichiarati contro l'opacità della politica, gli accordi mai dichiarati, le trame di palazzo, la difesa degli indifendibili e l'abbandono di chi dovrebbe essere difeso.

Ma per essere credibili i Cavalieri Bianchi della Trasparenza hanno il dovere di praticarla in qualsiasi atto, ovunque e sempre. Non è così. Gli onorevoli cittadini di M5S odiano i giornalisti fascisticamente definiti pennivendoli, non rispondono alle loro domande e ne annunciano allegramente l'estinzione; disertano i talk show ma praticano monologhi senza interruzioni (ricordate Petrolini-Nerone che declamava: "Er popolo quando che s'abbitua a di' che sei bbravo, pure che nun fai niente, sei sempre bbravo"?) riproposti a rullo dalle tv; sbarrano porte e finestre non appena soffi un refolo di dissenso; chiedono - per trasparenza nei costi? - di abolire i Treni della Memoria che portano i ragazzi delle scuole a vedere come i nazisti sterminavano ebrei, zingari, preti, comunisti e omosessuali. Soprattutto, tutti insieme ma su precisa indicazione di entità immanenti, in consessi chiusi a chiunque decidono di non decidere alcunchè.

Al confronto, i vecchi partiti sono esempi di trasparenza, pur se primi responsabili dei guai in cui ci troviamo e dunque giustamente sbertuccati da Grillo & Casaleggio. In chiaro: alle denunce del M5S, che hanno il merito di aver dato la scossa a politici incapaci di raccogliere quanto il paese chiedeva e chiede, stanno seguendo comportamenti a mio giudizio contraddittori e irresponsabili. D'altra parte, Niccolò Machiavelli scriveva cinque secoli fa: "Il popolo molte volte desidera la rovina sua ingannato da una falsa specie di bene; e come le grandi speranze e gagliarde promesse facilmente lo muovono".

Twitter @claudiogiua

Nessun commento:

Posta un commento