giovedì 4 aprile 2013

Nella cronaca di 12 ore tumultuose, tutte le crepe nella strategia e nella coesione dei grillini

di CLAUDIA FUSANI
sull'Unità del 4 aprile 2013

Alla fine di un’altra giornata di disastri
- due deputati rimproverati per strada
dai passanti stufi dei «no» a Cinquestel-
le -, lacrime - quelle della deputata Giu-
lia Sarti smentite dalla stessa -, intervi-
ste dal sen fuggite ma forse no - quella
del senatore Lorenzo Battista - e le di-
missioni respinte dall’aula della senatri-
ce Mangili, gli tocca postare un altro
messaggio. Per tenere la linea politica
che sbanda ogni giorno. Questa volta
Grillo se la prende direttamente con i
cittadini-elettori, la base elettorale,
quella che mugugna - e non da oggi - sul
blog contro l’inerzia Cinquestelle.

«Se volevate l’accordo con il Pd, allora ave-
te sbagliato a darci il voto, dovevate dar-
lo al Pd» scrive il comico alla fine di una
serie infinita di interrogativi polemici
del tipo: «Perché hai votato il MoVimen-
to 5 Stelle? Per fare un governo con i
vecchi partiti? Per votare in Parlamen-
to i meno peggio? Per discutere con il
pdmenoelle di programma quando
quello del M5S è il suo esatto contra-
rio? Per spartire poltrone e posti di co-
mando a partire dalle presidenze di Ca-
mera e Senato?». È l’ennesima porta in
faccia al Pd. Questa volta il comico deci-
de di far sentire il rumore direttamente
ai suoi elettori, se avete capito male, la
prossima volta sapete come fare. Ed è
anche la negazione di ogni forma di dis-
senso e di confronto interno.

Ogni giorno ha la sua pena. Quelle di
Grillo stanno diventando croci enormi.
I capi comunicatori si sforzano a dire
che va tutto bene, che i «dissensi» sono
invenzioni dei giornalisti, le «fratture»
il risultato di visioni del terzo tipo. Il
coordinatore dei comunicatori, il Byo-
blu Claudio Messora, mostra le stimma-
te della politica reale - cicatrici di her-
pes da stress intorno alla bocca - e se la
prende perché la sala registrazioni vi-
deo - al secondo piano di palazzo Mada-
ma - «non è stata ancora insonorizzza-
ta».

La verità è che i Cinquestelle fanno
in tempo a tappare un buco e subito se
ne apre un altro. Ormai siamo oltre i
casi isolati. Dei 163 eletti, 80 sono con-
trari a fare almeno i nomi di un governo
a Cinquestelle come stabilito dalla Tri-
nità Grillo-Casaleggio-Becchi, ma 30
sono a favore di unminimo di interlocu-
zione con Bersani e Napolitano e un’al-
tra decina si astiene. Segno che è come
minimo incerto.

Dopo venti giorni in Parlamento, i grilli
sono sempre meno compatti. E attra-
versati dai dubbi. «Abbiamo perso
un’occasione» dice il senatore
Lorenzo Battista, triestino, «dove-
vamo portare almeno un nome per il
candidato premier. Avere proposte, di-
mostrarsi incisivi, essere capaci di con-
cretezza non sono mai azioni criticabi-
li».

Davanti alle parole in chiaro di Batti-
sta lo staff dei comunicatori allarga le
braccia, non possono controllare tutti.
Davanti alle lacrime di Giulia Sarti fan-
no trapelare che «la ragazza è sotto
stress», in ogni caso la diretta interessa-
ta smentisce di aver versato lacrime. Di
fronte al post della deputata bolognese
Mara Mucci -«occorre fare un passo
concreto verso una reale proposta di go-
verno» - lo staff dei comunicatori al se-
condo piano ammette: «Non sarà mai
data libertà di coscienza nel voto. Que-
sto il Pd e Bersani se lo possono scorda-
re. Noi siamo qui per stare all’opposizio-
ne. Detto questo, diamo per scontato di
poter perdere qui al Senato 5-6 voti».

L’ultima grana arriva nel primo po-
meriggio. Intorno alle sedici l’aula del
Senato respinge le dimissioni della se-
natrice grillina Giovanna Mangili. E lo
fa costringendo il Movimento ad uscire
allo scoperto su uno dei punti cardine
di ogni democrazia rappresentativa: la
libertà di coscienza, l’assenza di vincolo
di mandato, il rispetto dell’articolo 67
della Costituzione («ogni membro del
Parlamento rappresenta la Nazione ed
esercita le sue funzioni senza vincolo di
mandato») che infatti Grillo ha addita-
to fin dall’inizio come una delle prime
cose da modificare. La senatrice Mangi-
li non ha mai messo piede al Senato per-
ché, appena eletta, sul web apparvero in-
sinuazioni circa quelli che Benedetto
Della Vedova (Sc) ha definito ieri in au-
la «inciuci di parentopoli brianzole». In
pratica avrebbe raccolto le preferenze
grazie al marito assessore. Ieri l’aula
era chiamata, da regolamento, a votare
sulle dimissioni, voto imposto proprio a
tutela del parlamentare. Pd, Pdl, Scelta
Civica, nessuno ha avuto dubbio: «La se-
natrice venga in aula a spiegare e la
ascolteremo ricordando la libertà di co-
scienza di ogni eletto» ha detto Anna
Finocchiaro, «in attesa respingiamo».

Che non può certo essere la Rete, ha
aggiunto la Mussolini, «a dire cosa deve
o non deve fare un senatore». Crimi ha
replicato che la decisione era già stata
presa dal gruppo. Poi ha potuto solo rac-
cogliere i suoi fogli, tornare in ufficio e
sopportare l’ennesimo sfogo di Grillo.
Via web.

Il comico-padrone non ammette sma-
gliature. Ha detto no anche ad ogni in-
terlocuzione con i saggi di Napolitano.
E i ragazzi nel pomeriggio obbediscono
e verbalizzano con tanto di comunica-
to. Uno vale uno, era il motto. Tra i Cin-
questelle non lo dice più nessuno.

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