di CLAUDIO GIUA
Giornali Finegil 2 aprile 2013
Quasi ventun anni fa, subito dopo la strage di Capaci, un Parlamento sotto shock elesse Oscar Luigi Scalfaro presidente delle Repubblica. Toccò a lui guidare la transizione dalla prima alla seconda Repubblica e poi impedire che il trionfante Silvio Berlusconi comprasse, con blandizie ed elargizioni, il futuro degli italiani. Cattolico praticante, democristiano certamente non progressista, fu un capo dello Stato sanguigno e controverso, guidato dalla stella polare della Costituzione. Che ha difeso con tutte le sue energie fino alla morte, l'anno scorso.
Sette anni dopo, al Quirinale arrivò Carlo Azeglio Ciampi, laico, a lungo governatore della Banca d'Italia, convertito alla politica solo per tirarci fuori dalla crisi economica e morale in cui c'eravamo incagliati all'inizio degli anni novanta. Mise al centro della sua presidenza la riscoperta dei valori della Resistenza e il costante richiamo alla necessità di tenere sotto controllo i conti pubblici. È soprattutto suo il merito se siamo entrati dalla porta principale nell'Europa della moneta comune.
Nel 2006, poco dopo la risicata vittoria di Romano Prodi alle politiche, per la prima volta un ex comunista fu eletto alla massima carica dello Stato. Da allora, Giorgio Napolitano è stato protagonista costante della vita politica e democratica, con alcuni passaggi esaltanti e altri difficilissimi, dallo straordinario successo del centocinquantesimo anniversario dell'Unitá d'Italia ai quattro anni di debordanti olgettine e igieniste dentali, dalla nascita del partito democratico alla crisi globale sottovalutata dal governo Berlusconi. Poi, la decisione di affidare a Mario Monti il compito di ridare qualche credibilità al nostro paese, con riforme impopolari ma non più eludibili. Ora, a poche settimane dal termine del suo settennato, ancora una volta Napolitano è stato chiamato a dare le risposte che i partiti e movimenti (anzi, soprattutto i movimenti che vorrebbero rappresentare il "nuovo") non hanno saputo trovare.
Questa breve e molto incompleta storia di tre presidenti tanto diversi quanto positivi mi serve per dire una cosa molto semplice: dal 1992, una delle poche certezze che noi cittadini abbiamo è che al Quirinale c'è qualcuno su cui contare. Con la Banca d'Italia - a parte la parentesi Fazio - e la Corte Costituzionale, è la presidenza della Repubblica a garantire che la nostra democrazia tiene nonostante i cavalieri, le dame, i ballerini e i cortigiani. Giorgio Napolitano ha dimostrato di essere un politico di straordinari lungimiranza, fantasia e acume, qualità che politici e pseudo-politici con venti, trenta, persino quaranta anni più giovani non possiedono nemmeno in parte.
Napolitano resterà dunque a fare il suo mestiere fino all'ultimo giorno. Non ho mai dubitato del contrario, nonostante ancora sabato mattina molti sostenessero che sarebbe tornato anzitempo a casa sua, in vicolo del Boschetto, a duecento metri dal Quirinale. Dobbiamo incrociare le dita e sperare che anche il prossimo presidente sia il migliore degli italiani. Come furono e sono Scalfaro, Ciampi e Napolitano.
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