martedì 30 aprile 2013

Travaglio legna tutti. Il mestiere che gli viene meglio

Il Fatto di domenica 28 aprile 2013

Hanno ragione il presidente
ridens Piero Grasso e i no-
ti moderati Alemanno, La Rus-
sa, Storace, Barani, Maroni,
Prestigiacomo, Sallusti, Ga-
sparri e la sua signora Gasbarra:
serpeggia, anzi tracima in Italia
un eccesso di opposizione che
può armare la mano di qualche
testa calda. Basta aprire un gior-
nale o un tg a caso per imbattersi
in orde di giornalisti ipercritici,
addirittura feroci contro il go-
verno Napoletta e i partiti che lo
compongono. Un coro presso-
chè unanime di attacchi forsen-
nati che è francamente difficile
distinguere dalle pallottole.

Tanto da far sospettare che lo
sciagurato attentatore, ieri mat-
tina, prima di aprire il fuoco sul
Parlamento fosse passato in
edicola o almeno reduce da una
full immersion negli speciali te-
levisivi degli ultimi giorni. Ne
pubblichiamo qui una piccola
antologia, sempre ribadendo il
monito del Capo Supremo af-
finchè la stampa smetta di “rin
focolare” e inizi a “cooperare”.
Letterman Show. “Il governissi-
mo delle facce nuove”, “Napo
litano, missione compiuta”,
“Letta, 77 ore per disinnescare
la guerra civile Pd-Pdl”, “Sacco
manni, il tecnico che non fa
sconti alla finanza mondiale”,
“La missione di Giovannini: ri-
lanciare l'occupazione”, “Far
nesina in festa per l'arrivo della
Bonino” (La Stampa). “Gover
no Letta: record di donne, su-
pertecnici e quarantenni” (il
M e s s a g g e o . “Più donne e gio-
vani, la squadra di Letta”, “Letta
è premier: donne e giovani. Pro-
vo una sobria soddisfazione”,
“Ritorno alla realtà”, “Sul go-
verno il sigillo del Colle. E si
apre il cantiere delle riforme”,
“Campane a festa per D'Alia”
(Co r r e re ). “Governo giovane e
in rosa”, ”Straordinari doveri”,
“Quagliariello: ‘E ora pacifica-
zione’”, “Su Interni e Giustizia
la mossa decisiva” (Av ve n re ).
“La nuova generazione”, “Le si-
gnore della competenza”, “Ecco
il governo Letta, giovani e don-
ne” (Re p u b b ca ).

Ancora nessuna notizia dei bambini.
Pigi Lettista. “I due partiti mag-
giori che si accingono a formare
un governo presieduto da Letta
stanno compiendo un atto co-
raggioso. Sanno che per loro
questa è l'ultima chiamata. San-
no che non possono fallire”
(Pierluigi Battista, Corriere,
25-4). Combattenti di terra, di
mare e dell'aria! Camicie nere
della rivoluzione e delle legioni!
Uomini e donne d'Italia, del-
l'Impero e del regno d'Albania!
Ascoltate! Un'ora segnata dal
destino batte nel cielo della no-
stra patria. L'ora delle decisioni
irrevocabili. La parola d'ordine
è una sola, categorica e impe-
gnativa per tutti. Essa già tra-
svola ed accende i cuori dalle
Alpi all'Oceano Indiano: vince-

Stefano Menichetta. “In
questi giorni si sconta
l’antica cessione di au-
tonomia in favore di un
ceto intellettuale che del radica-
lismo tendente al giustizialismo
fa la propria ragion d’essere. I
Travaglio, i Padellaro, i Flores
che... annullano la persona di
Enrico Letta perché ‘nipote’ so
no personaggi che fanno orrore.
Il loro linguaggio suscita repul-
sione. Il loro livore di sconfitti
mette i brividi. Ma in condizioni
normali il loro posto dovrebbe
essere ai margini, in quell’ango
lo della società e del dibattito
pubblico dove sempre si collo-
cano gli odiatori di professione.
Solo qui capita che da quell’an
golo si riesca a condizionare gli
umori della sinistra italiana che
... ha sempre cercato di parlare e
di ragionare di politica, lascian-
do ai neofascisti la necrofilia e
l’intimidazione. Ha problemi
grossi da risolvere, Letta. Ma
sembrano inezie se paragonati
alla guerra contro i battaglioni
della morte che dobbiamo vin-
cere noi” (Stefano Menichini,
E u o p a 26-4). E vinceremo, per
dare finalmente un lungo perio-
do di pace con la giustizia all'I-
talia, all'Europa, al mondo.
Beppe Lettergnini. “L'incarico a
Letta non ha ancora 48 ore e già
si sentono i soliti commenti bel-
licosi, le consuete dichiarazioni
stentoree... Questa è l'ultima
spiaggia della Penisola: più in là
c'è solo il mare in tempesta e un
azzardo pericoloso. I saggi no-
minati dal presidente Napolita-
no si sono rivelati concreti. In
poco tempo hanno prodotto
poche pagine di buone idee: nel
Paese pleonastico, una piccola
rivoluzione... L'Italia ha voglia
di novità. È primavera: bisogna
cambiare aria nelle stanze e nel cervello... Enrico
Letta è un uomo competente, calmo e relativa-
mente giovane” (Beppe Severgnini, Co r r e re
26-4). Ma anche marito premuroso, padre esem-
plare e soprattutto nipote.

Aldo Cazzulletta. “Non ha citato Kennedy – ‘la
fiaccola è stata consegnata a una nuova genera-
zione... ’ - ma ha detto più o meno le stesse cose,
Napolitano. Le ha dette mentre affidava l'incarico
di formare il ‘suo’ governo a un uomo di cui po-
trebbe essere il nonno”. Il posto di zio era già im-
pegnato. “L'Italia, paese considerato gerontocra-
tico, fa un salto in avanti inatteso e si colloca al-
l'avanguardia in Europa... A Palazzo Chigi arriva
il ragazzo che amava il Drive In e gli U2” (Aldo
Cazzullo, Corriere re 25-4). Largo ai giovani, pancia
in dentro e petto in fuori.

Alessandro Salletta. “Complimenti Gina, al se-
colo Gianna Fregonara (giornalista del Corriere,
ndr), candidata first sciura del Paese. Per l'inca-
rico al marito, ovvio, ma soprattutto perchè sono
certo che se oggi Enrico Letta è sulla soglia di Pa-
lazzo Chigi dietro c'è lo zampino della moglie, la
Gina appunto. E senza presunzione, mi prendo
un piccolo, assolutamente casuale merito per
averla spinta con qualche sotterfugio a Roma tra
le braccia del suo futuro marito che all'epoca dei
fatti né io né lei conoscevamo... Tornava sempre
con la notizia giusta e si aprì la strada con le sue
capacità. Anni dopo non tornò più, aveva trovato
la notizia del fidanzato giusto. Tale Enrico Letta. E
dopo non poca sofferenza, come nelle favole, vis-
sero felici e contenti e con tre figli. Brava Gina,
non ci deludi mai” (Alessandro Sallusti, il Gior-
nale, 25-4). Anche il povero Sallusti, negli ultimi
giorni, ha passato notevoli sofferenze, soprattutto
alla lingua: molto capiente, ma non abbastanza
per abbracciare, oltre al Pdl e al suo padrone, an-
che tutto il Pd e persino Monti e i suoi. Come fare?
Alla fine ha optato per un trapianto di lingua, e
ora ne ha due. L'articolo sopra citato è stato scritto
con la seconda (il finale della fiaba è custodito nel-

l'apposito dossier “Fregonara” e sarà divulgato se,
Dio non voglia, il marito non facesse il bravo).
L E p a n a “Il Pd ritrovi coraggio” (Guglielmo
Epifani, l'Unità, 23-4). “Il Pd ritrovi la sua fun-
zione” (Guglielmo Epifani, l'Unità, 28-4). Ogni
cinque giorni, Guglielmo Epifani occupa uno
spazietto in basso a sinistra sulla prima pagina
dell'Unità per rammentare al Pd qualche oggetto
smarrito da ritrovare. Prossime puntate: “Il Pd ri-
trovi le chiavi di casa”, “Il Pd ritrovi il calzino si-
nistro”, “Il Pd ritrovi l'auto posteggiata in doppia
fila e rimossa dai vigili”. Seguirà, con comodo, “Il
Pd ritrovi i suoi elettori”.

Antonio Socciletta. “L'arte del compromesso ci
salverà dai moralisti. In un'omelia del 1981 Rat-
zinger elogiava la mediazione come strumento
della politica. Contro le ideologie che esaltano lo
Stato assoluto. Oggi tre politici cattolici, Enrico
Letta, Angelino Alfano e Mario Mauro, portano
avanti i valori di dialogo e razionalità che furono
di De Gasperi... Un nuovo umanesimo e un nuovo
rinascimento potrebbero essere l'orizzonte e
l'ambizione di questa pacificazione nazionale. Se
non fallisce e non viene sabotata” (Antonio Socci,
L b e o 27-4). Dio lo vuole. E anche Ratzinger. E
De Gasperi. Ma pure Lorenzo il Magnifico.

Claudio Sardoletta.Prima della cura: “Continuia
mo a pensare che le larghe intese costituiscano un
pericolo, che la riproposizione di uno schema si-
mil-Monti abbia troppe controindicazioni dopo
quanto è successo, che la frattura politica apertasi
nella società richieda una competizione traspa-
rente e differenze leggibili tra destra e sinistra”
(Claudio Sardo,l'Unità, 23-4). Dopo la cura: “Il
governo di Enrico Letta nasce da uno stato di ne-
cessità e da una grave sofferenza politica... Il go-
verno Letta, così nuovo e così difficile, è un'op-
portunità per la sinistra” (Claudio Sardo, l'Unità,
28-4). Che s'ha da fa' per campa'.

Claudio Sardomuto. “Nel suo governo non ci sono
i protagonisti del conflitto politico di questi anni...
Letta è riuscito a mettere insieme una squadra di
ministri giovani e a sottrarsi ai veti di Berlusconi,
promuovendo un rinnovamento generazionale
che, magari, potrà aiutare persino l'evoluzione
democratica del partito della destra” (C. Sardo,
28-4). Alfano, Lupi, Quagliariello e De Girolamo,
tutti aderenti alla celebre mozione parlamentare
“Ruby nipote di Mubarak”, sono notoriamente
estranei al conflitto politico di questi anni. E co-
munque, vivaddio, sono così giovani. Giovinetta,
giovinetta, primavera di belletta.

M'hai detto un Prospero. “D'Alema è temuto dalla
destra, che lo indica come il simbolo del nemico
irriducibile, che è meglio tenere alla larga perchè
richiama una storia, rievoca una tradizione, ri-
sveglia delle memorie che è preferibile spegnere
per sempre. Eppure un politico dell'esperienza
internazionale di D'Alema avrebbe potuto con-
tribuire all'azione incisiva di un governo che non
può rinunciare a definire dei momenti di svolta
nelle politiche prevalenti nello scacchiere euro-
peo. Un ponte solido verso la sinistra europea”
(Michele Prospero, l'Unità, 28-4). “La squadra ha
perso qualcosa in competenza e valore aggiunto
rinunciando a un ministro degli Esteri come Mas-
simo D'Alema” (C. Sardo, l'Unità, 28-4). Ecco l’u-
nico difetto nel governo Letta: manca D'Alema.

Il Lettaggero. Il direttore del M e s s a g gero Virman
Cusenza, giornalista ma soprattutto sarto, con-
feziona per il nuovo governo un abitino su mi-
sura. Titolo: “Un cambio di stagione”. Svolgi-
mento: “Non c'è commento migliore al governo
appena nato della foto che ritrae Giorgio Napo-
litano mentre stringe le mani di Enrico Letta. Ed è
difficile capire dove cominci la stretta del primo e
finisca la presa del secondo, come padre e figlio
sinergicamente s'affidano l'un l'altro prima delle
navigazioni impegnative della vita”. Corbezzoli,
gliele ha cantate chiare. Del resto, di fronte a quel-
le mani di fata, la prima domanda che si ponevano
pensosi tutti gl'italiani era appunto questa: chissà
dove comincia la stretta del primo e finisce la pre-
sa del secondo? Ah saperlo.

Ma anche: va bene il
Gentili colma anche questa la-
cuna: lo zio non c'è, ma c'era fino
a qualche minuto prima a reg-
gere la coda al Cainano, poi gli
ha telefonato: “Sei stato bravo,
Enrico, e sei molto maturato”.
Ecco, a 47 anni il pupo ha messo
su i primi dentini e sta per smet-
tere di gattonare. Per il resto, av-
verte il Cusenza, “il richiamo al
1946 non è casuale”: “Il nuovo
governo Letta è chiamato” a
“una piccola grande rifondazio-
ne del concetto di buon governo
perchè almeno generazional-
mente sono venuti meno io mu-
ri e gli steccati che hanno avve-
lenato gli ultimi decenni, con la
violenza e l'odio e la loro inter-
minabile scia di sangue”. In-
somma quella di De Gasperi che
nel '46 governò con Togliatti è
“un'impresa simile (al netto del
conflitto mondiale)” a quella di
Alfano che governa con Letta (al
netto dei processi a B.). Lo dice
anche Letta al M e s s a g g e o “Og
gi si chiude la guerra dei vent'an-
ni. Ora siamo all'armistizio. La
speranza è che scoppi la pace”.
Amnistia, si chiama amnistia.
Eugenio Lettari. Scalfari è il più
entusiasta, fin dal titolo dell'edi-
toriale: “Un medico per l'Italia”.

Non si sa a chi si riferisca,ma si
sa a chi non si riferisce: Alfano,
che essendo soltanto ilministro
dell'Interno e il vicepresidente
del Consiglio, non merita nep-
pure una citazione. “Nelle circo-
stanze date è un buon governo.
Enrico Letta aveva promesso
competenza, freschezza, nomi
non divisivi. Il risultato corri-
sponde pienamente all'impegno
preso, con un'aggiunta in più:
una presenza femminile quale
prima d'ora non si era mai ve-
rificata... Se i fatti corrisponde-
ranno alle parole molte soffe-
renze saranno lenite e molte
speranze riaccese”. Rimosso Alfano - ma anche
Lupi, De Girolamo, Lorenzin e Quagliariello, la
banda fresca e non divisiva della nipote di Mu-
barak - Scalfari ammira molto la “competenza”
dell'avvocato De Girolamo in tema di agricoltura,
o della signora Lorenzin (maturità classica) in
materia di Sanità, o di Andrea Orlando (maturità
scientifica, ex responsabile giustizia del Pd) in fat-
to di Ambiente. Però non ne cita nessuno, per pre-
cauzione. preferisce citare “Camillo Prampolini”
(non è uno scherzo, davvero, anche se nessuno
capisce che diavolo c'entri). Poi tributa il consueto
omaggio a Sua Castità Napolitano: Suo malgrado,
ha dovuto restare al Quirinale. Suo malgrado, ma
per fortuna del Paese”. Egli, ça va sans dire, “co
nosce benissimo i limiti e i doveri che la Costi-
tuzione li prescrive”: infatti li ha violati tutti nel
giro di qualche giorno. A questo punto, Scalfari
elenca i “molti precedenti” del governo Napoletta
nella storia della Repubblica.

Che poi sono due. Ilprimo è primo il patto Moro-Berlinguer
per lanon sfiducia ad Andreotti a metà anni 70, che però
non c'entra nulla, visto che il Pci non aveva mi-
nistri, nemmeno quando nel ‘78 votò per qualche
mese la fiducia. Il secondo è il governo Badoglio
del 1944, dove sì c'erano nello stesso governo mi-
nistri comunisti e democristiani: ma nemmeno
quello è un precedente, perchè l'Italia era ancora
una monarchia, oltre a essere ancora in guerra.
Insomma, i “molti precedenti” non esistono. Me-
glio tornare a Re Giorgio, “un presidente al di so-
pra delle parti” che, “salvo Ciampi, non è mai esi-
stito” perchè “garantisce tutti, ma garantisce so-
prattutto il Paese”. Ma garantisce soprattutto B.
Giuliano Lettara. “Ora i giudici devono deporre le
armi” (Giuliano Ferrara, il Giornale, 28-4). Wow,
era ora! Ferrara, sempre così informato, ci farà
sapere quanto dura l'armistizio, e soprattutto la
decorrenza e la scadenza. Insomma, da quando a
quando c’è licenza di delinquere. Così magari,
prima che i giudici riprendano le armi, gli sfiliamo
il portafogli o gli svaligiamo la casa.

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