La Fiat torna ad avere oltre il 20% di
Rcs Mediagroup, la società che edita il
Corriere della Sera. Più o meno si tratta
della stessa partecipazione che deten-
ne fino al 1998, quando ne cedette una
quota a CesareRomiti a titolo di parzia-
le liquidazione dei suoi 24 anni alla gui-
da del gruppo torinese.
La storia si ripete, dunque? Probabil-
mente no. E non perché, quando si ri-
pete, la storia lo fa in forma di farsa. È
difficile che, questa volta, la storia si
ripeta perché tutto è cambiato rispet-
to al 1984 allorché la Fiat divenne
l’azionista di riferimento dell’ex grup-
po Rizzoli-Corriere della Sera con
l’aiuto di Mediobanca e l’avallo della
Banca d’Italia. Il governatore Carlo
Azeglio Ciampi, non dimentichiamo-
lo, era fedele alla legge bancaria del
1936, che non ammetteva le banche
nell’azionariato dei giornali e al tem-
po stesso non se la sentiva di favorire
una proprietà diffusa in capo al Corrie-
re come suggeriva Cesare Merzagora
per il timore che i residui della loggia
massonica deviata P2 potessero tenta-
re di riprendersi il giornale con occul-
te scalate.
Nel 1984 l’Italia stava andando be-
ne. La sua editoria si apriva a una sta-
gione felice, inondata di pubblicità.
La sfida della tv commerciale era agli
albori. Internet interessava solo le uni-
versità americane. Oggi l’editoria è al
tracollo. E non ha un’idea chiara su
che cosa fare per conquistarsi un nuo-
vo destino in un mondo dove Google
ha cambiato tutto: la comunicazione,
la pubblicità e, attenzione, anche la
politica come dimostra l’uso del mi-
crotargeting nella campagna elettora-
le di Obama.
Allora la Fiat era l’Italia, grondava
profitti e controllava il 60% del merca-
to dell’auto.Oggi è una multinaziona-
le che insegue gli aiuti di Stato in giro
per il mondo. Non ha più una funzio-
ne nazionale. Né la potrebbe avere
nel momento in cui non chiude una o
due delle sue fabbriche italiane solo
perché, come ha scritto Andrea Ma-
lan sul 24Ore, è al momento più conve-
niente approfittare della cassa inte-
grazione. E se i numeri hanno ancora
un senso, non saranno i 90milioni in-
vestiti in via Solferino, anziché in ri-
cerca e sviluppo nell’auto, a restituire
il rango di un tempo.
La storia della presenza Fiat in Rcs
Mediagroup, d’altra parte, non è pri-
va di lati oscuri: l’avventura disastro-
sa nel cinema affidata a Montezemo-
lo, protetto di Gianni Agnelli; la ces-
sione ad alto prezzo del disastrato
Gruppo editorialeFabbri a Rcs da par-
te dell’Ifi o, per venire a tempi più re-
centi, il tentativo di affidare la direzio-
ne del Corriere a Carlo Rossella, allora
presidente della berlusconiana Medu-
sa, da parte dello stesso Montezemo-
lo. Ciò detto, il raddoppio della Fiat
sulla ruota del Corriere non può essere
liquidato con i paragoni storici. Baste-
rebbe, ad allontanarne l’ombra, che
John Elkann dimostrasse nei fatti di
essere diverso dal nonno e dallo
«zio»... In ogni caso, non si compren-
de la questione Rcs restando, nel
2013, dentro i recinti del passato.
La soluzione ideale era e resta quel-
la di costruire un veicolo finanziario
che traghetti la Rcs, o almeno il Corrie-
re, verso una proprietà diffusa protet-
ta da una golden share in mano a un
comitato di garanti sul modello
dell’Economist e della Reuters. Ma la
cultura politica e imprenditoriale ita-
liana resta padronale sempre e co-
munque, la qual cosa non è un male
nelle multinazionali tascabili del
Quarto capitalismo, ma lo diventa nel-
la grande editoria qualora questa sia
strutturalmente priva, come accade
in Italia, di editori puri.
Alla soluzione ideale si preferisce
una soluzione realista. Senonché il
realismo si rivela prezioso solo quan-
do costruisce un ponte verso le solu-
zionimigliori.Viceversa, se diventa fi-
ne a se stesso, finisce con il lasciare
incancrenire i problemi. E la storia di
via Solferino lo dimostra oltre ogni ra-
gionevole dubbio.
Stiamo dunque fuori dai recinti del
passato, ma dentro quelli del reali-
smo. Che cosa vediamo, per comincia-
re? Vediamo una Fiat che in prima
battuta non sarà sola. Con il 20%, in
presenza di altri azionisti rotondi,
non si comanda. Si presiede. A meno
che gli altri soci eccellenti non abdi-
chino alle loro responsabilità, paghi
di potersi nascondere dietro la figura
di Elkann.
Tra questi soci eccellenti risaltano
Mediobanca e Intesa Sanpaolo, ma an-
che Della Valle, Unipol, il Banco Popo-
lare. Tranne che per il signor Tod’s,
cito le ragioni sociali e non le persone
deliberatamente: le responsabilità du-
rano oltre i responsabili manageriali
che cambiano. Quando si sarà consu-
mata l’asta dei diritti post aumento di
capitale, vedremo le diverse consi-
stenze dei soci. Chi sta con chi e co-
me. Ma è chiaro fin d’ora che le tre
banche azioniste avranno una specia-
le responsabilità. Non foss’altro per-
ché, specialmente Intesa, sono anche
i soggetti creditori di una società
sull’orlo dell’abisso.
In prospettiva è bene che le banche
non abbiano azioni dei giornali. Que-
sto, sia detto di passata, esige il Fondo
monetario internazionale dalla Gre-
cia. Ma noi non siamo greci e taluni
industriali - non tutti - hanno dato pro-
ve al Corriere peggiori di quelle di talu-
ni banchieri - non tutti. Dunque, le
banche devono fare adesso la loro par-
te, senza fuggire.
Alla Fiat viene attribuito un piano
industriale che prevede lo spezzatino
del gruppo Rcs.Niente di male, in teo-
ria. In pratica, il diavolo si nasconde
nei dettagli. E non basterà agitare il
fantasma di Berlusconi per assolvere
tutti i peccati della finanza, dell’im-
prenditoria e della politica sul fronte
dell’informazione.
Anche perché il fantasma di Berlu-
sconi non può onestamente fare pau-
ra a chi osservi i conti del Giornale e
della Mondadori e pure quelli di Me-
diaset. Nell’anno di grazia 2013, l’ex
premier non sarebbe tecnicamente in
grado di accollarsi il rischio Rcs. I
principali dettagli su cui si gioca il fu-
turo del primo giornale italiano sono
due: a) il destino aziendale del Corrie-
re; b) la sua governance.
Il progetto più gettonato almomen-
to prevede lo scorporo del quotidiano
di via Solferino e il suo accoppiamen-
to con la Stampa: una nuova società
alla quale parteciperebbe, al 29%, la
Newscorp di Rupert Murdoch. Po-
trebbe funzionare sul piano industria-
le o forse no. La Stampa si ridurrebbe
a mero quotidiano regionale? A quali
prezzi avverrebbe il conferimento, do-
po l’amara esperienza del Gruppo edi-
toriale Fabbri?
Certo, Murdoch ha forse le spalle ab-
bastanza larghe per contrastare il pre-
dominio di Google. Ma il grande im-
prenditoreMurdoch è anche un signo-
re che esercita il potere in modi assai
discutibili, e fa accordi sopra e sotto il
banco con la politica. In ogni caso, per
l’establishment italiano, sarebbe una
dichiarazione di impotenza, un esito
triste. Il cedimento a una concentra-
zione di potere editoriale analoga, se
non superiore, a quella che esiste in
capo a Berlusconi e per giunta in capo
a un signore straniero che fa la “sua”
politica estera. Ma forse, di fronte al
microtargeting di Google, i criteri an-
titrust tradizionali e pure i confini sto-
rici delle diplomazie rivelano l’usura
del tempo. Quando Eric Schmidt dà a
Barack Obama l’organizzazione ma-
nageriale e le risorse informative di
Google che consentono di raggiunge-
re - a lui che è amico di Schimdt e non
al rivale - tutte le persone conmessag-
gi mirati perforandone la privacy,
non c’è più nemmeno un Murdoch
che tenga.
Eallora la seconda questione
- la governance del Corriere, ma
questo vale in generale per tutti ime-
dia che hanno una capacita di influen-
za sull’opinione pubblica - diventa
centrale.
Chi detterà la linea del Corriere sul
ruolo dell’Italia nelle battaglie della
pace e della guerra? Murdoch? I suoi
amici cinesi o americani o inglesi? O
si faranno sentire i Bazoli, gli Elkann,
i Nagel, i Della Valle? E come?
Il Corriere ha oggi un direttore che,
da figlio della tradizione migliore (c’è
anche una tradizione scadente in cer-
te stanze), ha saputo in diverse occa-
sioni tenere la schiena diritta,ma che
da parecchi mesi è sottoposto a
un’azione di logoramento proprio dal-
la Fiat.
Fatto l’aumento di capitale, sta og-
gi a chi ha preso l'iniziativa sciogliere
le incertezze: dica se intende procede-
re da solo o con altri e a quali condizio-
ni e poi confermi, se crede, la fiducia a
Ferruccio de Bortoli, ovvero indichi
un nuovo timoniere che sia garante
del nuovo corso e con ciò inizi a farsi
misurare. Non vorremmo che il confe-
rimento della Stampa al Corriere fosse
come quello delle centrali elettriche
Fiat alla Montedison, che fu il pesante
pedaggio pagato dall’Electricité de
France per potersi mangiare per inte-
ro Foro Bonaparte.