giovedì 28 febbraio 2013

Parla una neo deputata grillina: "Non siamo qui per paralizzare l'Italia"

«Credo vada chiarita subito una cosa:
noi non abbiamo chiesto ai cittadini di
mandarci in Parlamento per fare ostru-
zionismo e paralizzare l’Italia.All’oppo-
sto, abbiamo voluto questo incarico e ac-
cettato questa sfida per essere ilmotore
di una politica che lavora e decide e i cui
benefici possano finalmente arrivare ai
cittadini».

Azzurra Cancelleri ha 28 anni, una
quasi laurea in Economia e Commercio
ed è stata eletta nel collegio Sicilia 1 do-
ve il Movimento 5 Stelle è il primo parti-
to con il 34% dei voti. Accetta di parlare
al telefono con L’Unità ed è il caso di di-
re che usa toni assolutamente educati e
gentili. Pazienti quanto decisi.

Oggi Grillo ha detto no ad ogni ipotesi di
fiducia ad un ipotetico governo Bersani.
Un veto che arriva dopo le aperture del se-
gretario del Pd al Parlamento per un go-
verno con appoggi esterni a maggioran-
ze variabili.

«Guardi, credo sia più semplice lasciare
da parte un lessico che parla di alleanze
e maggioranze e guardare ai fatti. I fatti
per noi sono quello che sta accadendo
qui in Sicilia da novembre, quando sia-
mo diventati il primo partito nel parla-
mento siciliano. Da allora stiamo gover-
nando con il governatore Crocetta vo-
tando le proposte nostre e quelle di altri
gruppi se ci convincono. Stiamo facen-
do cose importanti come aver creato la
cassa (con la rinuncia del 70 per cento
delle indennità parlamentari) per finan-
ziare il microcredito alle imprese. Ab-
biamo ottenuto il blocco del Muos e pre-
sentato disegni di legge per restituire ai
comuni l’autonomia nella gestione dei
rifiuti e dell’acqua che deve tornare ad
essere pubblica. Tre mesi sono pochi.
Ma per ora sta funzionando».

Si fa un gran parlare, in questi giorni, del
modello siciliano.Ma lì c’è un governato-
re che ha vinto...

«... ma non aveva la maggioranza e la
cerca di volta in volta sui progetti. Fino-
ra l’ha trovata soprattutto con noi».

Nel parlamento nazionale le regole sono
diverse.Ad esempio, ci sarà da votare al
più presto la fiducia a Bersani che proverà
ad assumere l’incarico. Voterete la fidu-
cia?

«Credo sia sbagliato proporre la questio-
ne sotto il profilo delle alleanze. Il con-
cetto di alleanza con la destra o la sini-
stra non ci appartiene. Noi siamo alleati
con i cittadini che ci hanno dato questo
incarico. Ecco perchè è più giusto parla-
re di convergenze su alcuni punti e pro-
getti».

Questo governo potrebbe avere il vostro
appoggio esterno su alcuni punti?

«Quando si chiede la fiducia lo si fa su
un programma, no? Bene, noi ci consul-
teremo sulle proposte di un program-
ma e poi decideremo se votare. Sento
parlare di taglio dei costi della politica,
stop agli sprechi, riforma della legge
elettorale: sono questioni per noi prima-
rie».

L’ambasciatore inglese Christofer Prenti-
ce ha detto:«Il mondo occidentale aspet-
ta dall’Italia tre cose il prima possibile:
semplificazione della burocrazia; diminu-
zione dei tempidellagiustizia; velocizza-
re i pagamenti del pubblico verso il pri-
vato.Non importa chi lo fa. È necessario
che venga fatto».

«Senza scomodare l’ambasciatore, so-
no le cose che mi hanno chiesto e spiega-
to in campagna elettorale gli imprendi-
tori e gli agricoltori siciliani. Infatti so-
no nel nostro programma. Senza dimen-
ticare il reddito di cittadinanza che in
questo momento, in certe fasce sociali,
è la priorità».

Se nel programma di Bersani non ci do-
vesse essere il no allaTav,fate saltare il ta-
volo?

«Non si può porre così la questione. In
ogni caso non siamo pignoli».

E le votazioni per il Presidente della Re-
pubblica?

«Indicheremo un nostro candidato vota-
to dal web. Poi vedremo.Guardi, ripeto,
noi non siamo lì per fare ostruzionismo
o paralizzare l’Italia. Noi andiamo in
Parlamento per rompere la paralisi su-
bìta finora dai cittadini».

L’ingovernabilità dunque non è un vostro
problema?

«No di certo. Questa domanda va rivol-
ta alle altre forze politiche. Come la sto-
ria dei voti: noi non abbiamo rubato voti
a nessuno, sono i partiti che li hanno
persi. Si chiedano perchè, ogni tanto».

Vi tempno un po’ tutti.Perchè?

«Anch’io sarei preoccupata semi dices-
sero che arriva in Parlamento gente in-
competente, sprovveduta e ignorante.
Non ci conoscono. Avranno l’occasione
di farlo. Non siamo extraterrestri, sia-
mo solo genuini».

Forse hanno spaventato certe parole d’or-
dine di Grillo in campagna elettorale,«ar-
rendetevi, siete circondati». Certi modi
un po’, parecchio, dispotici.

«Mai in questi anni abbiamo avuto la
sensazione di avere a che fare con un
despota. Lui è così, il nostro megafono,
fa da coordinatore, ha dato la carica. È
una figura di unione e non di imposizio-
ne. Andrà bene, me lo sento, ho buoni
presentimenti».

Fin qui le parole della neodeputata Az-
zurra Cancelleri. Forse lo show è finito.

sabato 23 febbraio 2013

Le mie previsioni sul voto

A furia di seguire e leggere confronti (pochi), interviste (per di più "sedute"), comizi (tanto roboanti quanto incredibili), sondaggi (clandestini e contraddittori), litigi televisivi (tra giornalisti schierati) mi sono fatto le mie idee su come andrà. Per gioco, ve le dico. Lunedì vedremo se c'avrò azzeccato o no.

Per la Camera prevarrà il centrosinistra con il 32 per cento, con il PD che resterà sotto il 30.

Il centrodestra berlusconiano, affollatissimo di sigle, dai pensionati ai Fratelli d'Italia, si fermerà, secondo me, al 27 per cento, con il PDL sotto il 20 (direi che, partito vs. partito, Bersani darà una decina di punti a Berlusconi). Maroni a livello nazionale starà tra il 4 e il 5 per cento.

Farà il pieno di voti - ma senza insidiare il centrodestra - il MoVimento 5 Stelle, che però non s'avvicinerà al centrodestra: azzardo il 22 per cento.

Monti, Casini e Fini mi sembrano il pieno riflusso. Insieme arriveranno al 12 per cento, decimale in più o in meno, con i due (ormai) ex presidenti della Camera ai minimi.

Credo che Ingroia più Di Pietro etc. faranno fatica a superare il 4 per cento.

Al Senato avremo, a mio giudizio, qualche sorpresa, con il distacco tra il centrosinistra e il centrodestra che tenderà ad ampliarsi e i grillini che faranno qualcosa di meno rispetto alla Camera. Monti & C. non faranno meglio, anzi.

Ho la sensazione che l'ago della bilancia saranno Grillo e Casaleggio, non il premier uscente. Ma il comico genovese e il suo guru capelluto non vorranno farlo, l'ago.

mercoledì 20 febbraio 2013

E Letta brinda al suo pupillo (Repubblica del 20 febbraio 2013)



di GOFFREDO DE MARCHIS

HA FINALMENTE rag-
giunto il sospirato posto
al sole e lo ha fatto contro
ogni pronostico. Anche i suoi
mille amici dovranno prender-
lo sul serio, smettendo di consi-
derarlo un Peter Pan, un eterno
fanciullo attempato, simpatico
sì, perfetto per organizzare feste
e cene, inappuntabile padrone.

LÌ DOVE la sua spettacolare
villa sulle dune è a disposi-
zione degli intimi (che non
sono pochi) con barca e domesti-
ci inclusi. Da ieri Giovanni Ma-
lagò, neopresidente del Coni, è un
po’ meno “Giovannino”, un po’
meno “Megalò” come l’aveva ri-
battezzato affettuosamente Suni
Agnelli, per via della guasconaggi-
ne, della personalità ridondante.
È al centro dello sport italiano, un
luogo di potere certo ridimensio-
nato dalla crisi economica, ma
sempre cruciale nell’intreccio
molto romano tra politica, affari,
potere e soldi.
Il suo grande merito, magari
ispirato dalla tendenza, in questo
caso provvidenziale, alla megalo-
mania, è stato averci creduto, pra-
ticamente da solo, perché la vitto-
ria del suo avversario Raffaele Pa-
gnozzi veniva data per scontata, in
virtù della staffetta tra ex presi-
dente e segretario generale del Co-
ni che è la cifra della gestione spor-
tiva in Italia. Ha vinto il rottamato-
re allora? Tutto il contrario. Ma-
lagò, nella sua rete relazionale,
non lascia per strada nessuno. È
amico di Walter Veltroni e di Gian-
ni Alemanno, di Corrado Passera e
di Luigi Abete, di Pino Daniele, di
Fiorello e di Francesco Totti (è ro-
manista sfegatato). Spesso mette
insieme questi personaggi così di-
versi nel circolo che presiede, l’A-
niene, o nel suo appartamento ro-
mano. È un figlio purissimo del ge-
nerone romano, quella categoria
celebrata nei film dei Vanzina (al-
tri suoi grandissimi amici, più En-
rico di Carlo) che rappresenta i ro-
mani ricchi o ricchissimi, dove il
capitalismo all’amatriciana tra-
sforma il concessionario d’auto
(seppure di lusso) come è lui, in
imprenditore. Ma nella sua vita
Malagò ha avuto soprattutto tre
pigmalioni, tre grandi maestri.
Il primo è Gianni Agnelli, dal
quale, negli anni giovanili, ha vo-
luto mutuare soprattutto l’aspet-
to glamour: l’amore per il lusso e le
belle donne, dalle quali è sempre
circondato. L’Avvocato lo aveva
preso in simpatia, lo onorava con
le sue telefonate mattiniere, gli
chiedeva informazioni sul gossip
romano sapendo che “Giovanni-
no” non si perdeva una serata.
L’altro faro è, ancora oggi, Luca di
Montezemolo, da cui ha imparato
che non esistono destra, sinistra o
centro, esiste invece una lobby
trasversale in cui i rapporti diven-
tano subito amicizia, legame
profondo. L’ultimo maestro è
Gianni Letta, che gli ha insegnato
come ci si muove e come si gesti-
sce il potere, un’arte che l’ex sotto-
segretario conosce come nessun
altro. Letta, insieme con Mario Pe-
scante, è stato il tessitore della sua
vittoria, lo ha aiutato a portare dal-
la sua parte 40 voti partendo da
una base molto più risicata. E Let-
ta ieri era al Coni per festeggiare di
persona l’ascesa del suo poulin.
Ma al di là degli “sponsor” e dei
grandi elettori, Malagò ha avuto il
coraggio e la forza di spezzare un
circolo “vizioso” che troppe volte
ha deciso le sorti del Coni e che
molti presidenti federali, eviden-
temente, non digerivano più.
La sua è una vita fortunata che
Malagò non fa nulla per nascon-
dere. Bello, benestante, sicuro di
sé, estroverso. L’elenco delle sue
amiche (o flirt?) fa impressione:
Monica Bellucci, Ilaria D’Amico,
Claudia Gerini, Alessia Marcuzzi.
Difficile trovarne una meno che
bellissima. Le auto di lusso sono
quelle della sua concessionaria e
quando, giovanissimo, davanti a
una discoteca, anciò con noncha-
lance le chiavi della sportiva a un
posteggiatore che invece era un
ladruncolo, fece spallucce. Il gior-
no dopo aveva una nuova coupè.
Ha diretto l’organizzazione dei
mondiali di nuoto del 2009, sof-
frendo per un’incriminazione le-
gata ad alcune nuove piscine e fi-
nita con un proscioglimento. Il co-
mitato però chiuse l’attività con
svariati milioni di buco. Cinque
anni fa ha sfidato lo spirito di De
Coubertin mettendo in vasca per
l’Aniene, durante un torneo ama-
toriale tra circoli romani, l’ex cam-
pione olimpico Fioravanti contro
Ugo Sansonetti, ottantottenne so-
cio del club avversario, lo Sporting
Eur. Su 66 metri, il distacco fu di un
minuto. Neanche tanto.
Alle federazioni sportive ha
presentato un programma ambi-
zioso. Cambiare, nnovare: apren-
do ai finanziamenti dei privati, ri-
dimensionando il ruolo del calcio,
creando una struttura dello sport
scolastico simile a quella anglo-
sassone. Ha convinto i suoi eletto-
ri che queste promesse potranno
essere mantenute. Che non è più
“Giovannino” ma un manager in
grado di guarire lo sport.

mercoledì 13 febbraio 2013

EPC critica l'accordo tra gli editori francesi e Google e si schiera con la proposta tedesca

NEWS RELEASE

European Publishers Council issues statement on the Google deal in France

Meeting this week in Brussels, Members of the European Publishers Council criticised the deal between Google and French publishers clinched last week to settle the dispute over copyright, remuneration and article snippets.
Underlining the need for a copyright-aware internet, EPC’s Executive Director Angela Mills Wade said that “The type of deal arranged between Google and a group of French publishers does not address the continuing problem of unauthorised reuse and monetisation of content, and so does not provide the online press with the financial certainty or mechanisms for legal redress which it needs to build sustainable business models and ensure its continued investment in high-quality content.”
Whilst French publishers have agreed to work with Google by accepting a deal whereby Google creates a 60 million euro innovation fund to help them leverage Google's tools and ad programmes, in other member states publishers are seeking longer term solutions founded in law.
The EPC stressed the importance firstly of respect for intellectual property rights and secondly, a speedy result from DG Competition to restore competition to search and search advertising.
The EPC’s Executive Director stressed that “The EPC is supporting its members in Germany and elsewhere who are holding fast and demanding laws in their countries that would allow publishers to charge aggregators and search engines for reproducing publishers’ content. The proposed German law, currently in draft form, would apply to any aggregator, not just Google, and would provide a legal basis to prohibit unauthorised use of publishers’ content.”.
Francisco Pinto Balsemão, EPC’s Chairman added: "A satisfactory conclusion to the competition complaints against Google is crucial to a competitive and transparent market in search and search advertising”.
Google is under investigation for manipulating its search services to direct users to its own services, reducing the visibility of competing websites, and deploying other unfair practices which harm competition. The outcome of the EU’s anti-trust cases is expected shortly.

domenica 10 febbraio 2013

Sono quasi certo che questa vignetta l'hanno pensata a Mountain View



Intenzioni di voto (ma raccolte per strada)

Editoriale pubblicato dalla Gazzetta di Reggio e altri giornali del Gruppo Espresso Domenica 10 febbraio 2013

di CLAUDIO GIUA

Niente più sondaggi da qui al voto perché così vuole la legge. Una legge sconclusionata quasi come quella elettorale, perché scritta anch'essa con il fine di togliere ai cittadini il diritto d'essere informati e di scegliere consapevolmente i propri rappresentanti. Doppiamente sconclusionata perché nelle sedi dei partiti, nelle redazioni e, ormai, su Twitter e Facebook stanno girando e gireranno fino al 24 febbraio sondaggi di tutti i tipi, da quelli seriamente condotti alle schifezze confezionate per alzare polveroni. Peraltro, mai come in questa campagna elettorale i sondaggi sono stati finora poco attendibili a causa degli indecisi, numerosissimi: misurare e poi rendere legalmente pubblici le loro decisioni sarebbe più che utile nella fase finale di confronto fra schieramenti. Macché, silenzio obbligatorio.

A fronte di tanta stupidità o arroganza, sfido la legge. Da una decina di giorni porto avanti un mio personale sondaggio - che, a black out ormai attivo, rivelo qui - appuntandomi quanto sentivo casualmente dire. Ho origliato conversazioni in trattoria, nelle pause caffè, per strada, negli spogliatoi di due circoli del tennis, sui treni. Una volta, sfacciatamente, sono stato cinque minuti davanti a una vetrina di reggiseni e mutande pur di carpire quanto dicevano due eleganti signori bisbiglianti in via Nazionale a Roma. Dovendo viaggiare molto, ho silenziosamente operato in luoghi diversi e lontani tra loro.

Marciapiede di via Carlo Alberto a Torino, sabato 2 febbraio alle 15.30, tre anziani tornano a casa carichi di sporte del supermercato: "Ma voi due l'avete capita questa storia della banca dei Paschi (dice così: banca ndr), con tutti i soldi che si sono fregati? Qui a Torino noi la conosciamo poco questa banca, ma in Centritalia è la prima, è più grande del San Paolo, neh. Lì comandava la sinistra ed è finito tutto a catafascio, perché si sono presi i soldi dei risparmiatori. Sono così, quelli, ci mettono sempre le mani nelle tasche...". Disinformazione ai fini di propaganda spicciola.

Domenica 3 febbraio, volo Torino-Roma, ore 19.45. Coppia pugliese di mezza età. Lui: "Questo viaggio è una follia, potevamo scendere a Bari più in là, ché magari il tempo sarebbe stato migliore. E poi io voglio vedere la tivù per decidere cosa votare, e a Bari c'è sempre qualcuno che mi disturba. Adesso lasciami leggere i giornali". Lei: "Tu e la politica mi avete stancato". Lui inforca gli occhiali e squaderna Stampa, Giornale e Fatto Quotidiano. Un pluralista indeciso, una disinformata indifferente.

Martedì alle 14, trattoria a Roma sull'Appia Antica: "Ma hai sentito come fanno adesso gli avvocati di Berlusconi a Milano? Mica chiedono più il legittimo impedimento, no. Adesso proprio se ne vanno dall'aula. Così si fa! Bisogna fargliela vedere a questi giudici chi comanda". Quelli che la giustizia è il vero problema dell'Italia.

Giovedì 5 febbraio, Milano, piazza Cairoli, ore 17.30. Universitari che fanno virtual shopping (nel senso che entrano nei negozi e non comprano nulla): "Sono andato a sentire Ingroia. Non mi ha convinto. Mi chiedo se uno che ha fatto incarcerare un sacco di gente possa essere di sinistra". "Perché no? Piuttosto, a me non va che nel suo partito siano tutti terroni". Come se Gramsci e Berlinguer fossero nati a Sondrio.

Venerdì 7 febbraio, Firenze, ore 9.30, spogliatoio di un circolo sportivo dove di solito la destra raccoglie consensi a piene mani: "Da ieri sera sono più tranquillo, mio figlio si sistema, finalmente. L'ho sentito io Berlusconi che prometteva che se vince lui ci saranno presto quattro milioni di nuovi posti di lavoro. Per la miseria, quattro milioni! Ma a chi la vuol dare a intendere?". "E tu c'hai ragione, c'hai. Mi sembra incredibile che qualcuno ancora gli creda, a quello lì". "Proprio tu lo dici adesso, che per anni hai fatto la réclame a Berlusconi. Sei senza vergogna". Quando si corre con il vento sempre alle spalle.

Sabato 8 febbraio, Milano, ore 12, linea 3 della metropolitana tra Duomo e Centrale, un ragazzo parla con la fidanzatina: "Senti, ci penso da ieri sera. Non sono d'accordo con te, io la Lega non la voto più. Bossi e quelli del cerchio magico ci hanno fatto credere d'essere una cosa e invece erano come tutti gli altri, rubavano e mangiavano alle nostre spalle. Non so cosa farò, magari voto per Monti e Albertini. O no: voto Grillo, che mi fa ridere. Altrimenti non ci vado proprio a votare, sai?". Lei lo bacia, comprensiva. Titoli di coda.




venerdì 1 febbraio 2013

I molti dubbi sulla collocazione al Nasdaq di Facebook

Facebook venne quotata al Nasdaq il 18 maggio 2012, e fu un flop, con una perdita del 18 per cento sul prezzo di assegnazione nel giro di poche ore. Sul banco degli imputati finì subito Morgan Stanley, che aveva di fatto escluso le altre due grandi banche d'affari, Goldman Sachs e Jp Morgan Chase, dai rapporti con i potenziali investitori. Soprattutto, la stessa Morgan Stanley aveva ridotto le stime sui ricavi 2012 (da 5 miliardi a 4,85 miliardi di dollari: pare sulla scorta di informazioni confidenziale da dentro Facebook) all'immediata vigilia del collocamento, informando solo alcuni investitori e mantenendo il prezzo di collocamento al massimo previsto, cioè 38 dollari. Ad alcune società d'investimento la mancata informazione costò molto cara: più di 100 milioni di dollari complessivamente per Knight Capital, Citadel Securities, Ubs e Automated Trading Desk di Citigroup.

Al momento del collocamento, il quantitativo di azioni messe sul mercato era inoltre stato aumentato di un quarto. Il combinato disposto di questi fattori - mancata informazione a tutto il mercato e più stock di azioni disponibili al collocamento per i piccoli investitori - provocò il crollo sul prezzo di assegnazione.

Durante il debutto, il prezzo schizzò tuttavia a quota 45 dollari dal prezzo di partenza di 38, per poi scivolare progressivamente nei giorni sucessivi fino a 31 dollari. Morgan Stanley provò allora a intervenire sui prezzi delle azioni. Senza risultati. Il 20 agosto, a tre mesi dal collocamento, il prezzo scese a 20 dollari. A inizio settembre arrivò intorno a 18.

Proprio il 5 settembre Mark Zuckerberg assicurò alle autorità di controllo americane che non avrebbe venduto azioni in suo possesso per almeno un anno.

Nella stessa occasione Facebook annunciò il riacquisto di 101 milioni di titoli per un valore di circa 1,9 miliardi di dollari, da effettuare in coincidenza con l'emissione di titoli in precedenza vincolati. I punti principali dell'annuncio alla SEC sono questi:

• The company will withhold 101 million shares of stock (for tax witholdings) out of a total of 234 million shares that are owed to employees on October 25. These withheld shares will no longer be considered "shares outstanding," so the company's fully diluted share count and free float will be slightly lower than previously expected.
• CEO Mark Zuckerberg will not sell any more stock for at least a year (he sold $1.1 billion at $38 on the IPO). Directors Marc Andreessen and Donald Graham will soon be selling some stock (enough to pay the taxes owed on their stock grants)
• The company is accelerating the lock-up release for many employees to October 29. On October 29, 234 million employee-owned shares will become available for sale.
• The company will pay the tax bill associated with the stock grants with its own cash or its cash from its credit lines.
• The company will not do another stock offering in the next few months to raise cash to pay this tax bill.

Da allora il valore del titolo ha ripreso a risalire, fino agli attuali 30 dollari, motivati anche dalle buone previsioni di ricavi.

Per il proprio lavoro come collocatore, Morgan Stanley ricevette comunque circa 68 milioni di dollari, a cui s'aggiunsero 125 milioni realizzati insieme ad altre banche grazie al trading online della IPO.

In seguito molti dubbi sono stati sollevati anche dalla decisione, che era stata sollecitata da Morgan Stanley, di assegnare il 26% delle azioni ai piccoli investitori, mentre di solito negli USA ci si ferma al 15. La sensazione di molti è che questa scelta, ovviamente ben accolta dal mercato quando fu annunciata prima della quotazione, fosse invece in parte motivata dalla volontà di fare speculazione.

Sono state aperte circa quaranta cause nei confronti di Facebook per le modalità dell'IPO. In giugno Facebook ha chiesto che tutte le cause fossero unificate in un unico procedimento.
A metà dicembre Morgan Stanley ha ricevuto l'ordine di pagare una prima multa di 5 milioni di dollari in Massachussets, per aver violato nel caso Facebook le leggi che regolano le quotazioni di borsa. In particolare, l'accusa è di aver impropriamente influenzato il processo di offerta della azioni Facebook al mercato con una serie di attività m non lecite. Per esempio, un alto dirigente di Morgan Stanley avrebbe direttamente guidato Facebook nella comunicazione agli analisti dei propri numeri e risultati, procedura non consentita dalle leggi americane (il banchiere non avrebbe tuttavia avuto alcun contatto diretto con gli analisti).