Su Italia Oggi del 12 marzo 2013 Roberto Giardina da Berlino spiega perchè i grandi chiudono gli uffici di corrispondenza dove non servono a nulla e li aprono altrove.
di ROBERTO GIARDINA
La figura dell’inviato
speciale non esiste nel
giornalismo tedesco. Si
traduce con «reisende re-
porter», come dire un cronista
itinerante, la definizione meno
altisonante dell’equivalente
italiano, o del francese «grand
envoyé», è una spia del prag-
matismo teutonico. Il reporter
che gira per il mondo quasi
sempre è un redattore del
desk, specialista di una certa
zona: quando accade qualcosa
nei paesi di cui è esperto, par-
te, osserva, informa, poi ritor-
na alla scrivania. Ma giornali
e riviste hanno sempre avuto
corrispondenti stabili nelle
capitali più importanti, anzi,
spesso più d’uno.
La Frankfurter Allgemeine
è un quotidiano molto partico-
lare, probabilmente unico, ap-
partiene a una fondazione ed è
diretto da una squadra di cin-
que direttori. Quando intervi-
stai Joachim Fest, uno di loro,
conosciuto da noi anche per la
sua biografia di Hitler, fu lui
a chiedere a me quanti
corrispondenti aveva il
mio gruppo in Germania:
«Solo io», gli spiegai. «Noi,
nel suo paese, ne abbiamo
tre». Non lo aggiunse, era
gentile, ma lo pensava:
«Eppure la Germania è più
importante dell’Italia».
Ora, per ragioni econo-
miche e a causa di internet,
anche dai noi «reisende re-
porter» e corrispondenti si
stanno per estinguere. La
politica estera non inte-
ressa, basta notare come
nella campagna elettorale
il tema dei nostri impegni
nel mondo non sia stato
neppure sfiorato.
In Germania, dove i gior-
nali cominciano a perdere
copie, non si rinuncia ma si
riorganizza. Die Zeit, il set-
timanale più intellettuale,
non ha ancora problemi di
tiratura, nell’ultimo trime-
stre ha venduto 540 mila
copie, ma non vuole sforare il
bilancio. Il capo della politica
(interna ed estera) Bernd Ul-
rich ha appena annunciato la
chiusura dell’ufficio di Mosca.
Non dovrebbe essere uno dei
più importanti? «Ogni corri-
spondente», spiega, «ci costa
quanto due redattori, e Mosca
sotto Putin è come congelata».
Non serve un osservatore
permanente. La cifra ri-
sparmiata in Russia viene
impiegata altrove: si apre
una nuova sede permanen-
te a Rio de Janeiro. Il Sud
America diventa sempre
più importante sulla scena
mondiale. La Zeit invia il
suo vice della sezione eco-
nomica, Thomas Fischer-
mann, sposato con una
brasiliana. Lanno prossi-
mo, tra l’altro, si giocano in
Brasile i mondiali di calcio
e tra due anni si terranno
le Olimpiadi.
Ci ha pensato anche
lo Zdf, il secondo canale
pubblico. C’era già un cor-
rispondente, ora saranno
due, e la speaker Mariet-
ta Slomka diventerà una
sorta di inviato permanen-
te in tutto il Sud America.
Lo Zdf rafforza anche l’uf-
ficio di Istanbul e quello di
Pechino, ma chiude le sedi
di Atene, Madrid e Caracas. I
corrispondenti sono responsa-
bili per zone e non per paesi:
di Atene si occuperà il collega
che vive a Roma, spartendosi il
Mediterraneo con il corrispon-
dente da Parigi. In tutto, lo Zdf
ha 32 redattori dislocati in 17
paesi, pronti a viaggiare anche
altrove. In gergo li chiamano
«Fallschirmjournalisten», re-
dattori paracadutisti.
Anche la Zeit, che ha in tota-
le dieci redazioni, ha creato una
nuova squadra di tre speciali-
sti, pronti a intervenire come
un commando a seconda degli
eventi. Stessa politica per l’Ard,
il primo canale. Si risparmia
sulle spese, dicono i responsa-
bili, ma non sul personale. Si
viaggia in turistica, o con voli
low cost, non si prenota più
un albergo a quattro stelle. La
squadra estera è formata da 60
corrispondenti che informano
da 30 sedi. E si ristruttura la
dislocazione: a Mosca la reda-
zione passa da quattro a tre,
come a Londra e a Parigi, e si
rafforza invece l’ufficio di Nuo-
va Delhi. La politica estera non
esiste più, hanno capito i tede-
schi, tutto quanto avviene nel
mondo è di interesse nazionale.
Sarà una battuta retorica, ma
non è falsa.
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